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POSITION PAPER Sessione 3
RISORSE DONATIVE
Paolo Venturi, AICCON - Università di Bologna
Il valore e l’evoluzione della donazione nelle strategie di sostenibilità del Terzo Settore.
1. Il “mercato” delle donazioni in ITALIA
Restituire un’istantanea del fenomeno delle donazioni in Italia risulta al momento un esercizio complesso vista la presenza di varie fonti informative che utilizzano diverse – o integrate – basi di dati, nonché la mancanza di un’interpretazione univoca dei principali concetti impiegati. Complessivamente la gift economy in Italia vale oltre 8 miliardi di euro l’anno. Questo dato tiene insieme le erogazioni delle sole fondazioni di origine bancaria pari nel 2020 a circa 950 milioni di euro (in aumento del 4,3% rispetto all’anno precedente, secondo i dati Acri), le donazioni da persone fisiche pari a 5,68 miliardi di euro pre-pandemia (dati Vita Non Profit), e le donazioni da aziende, che nel periodo pre-pandemico si attestavano a oltre 800 milioni, secondo Fondazione Italia Sociale. Su quest’ultimo dato, il recente report sul Corporate Giving, elaborato da Dynamo Academy e SDA Bocconi su un campione di 116 aziende italiane, suggerisce una crescita notevole nel 2020, in cui le aziende hanno donato in media il 3,4% dell’utile di imposta, contro l’1,6% del 2019. Secondo i dati del monitoraggio 2021 di Bva Doxa sulla base di circa 2mila interviste in 108 comuni, il 36% degli italiani dichiara di aver fatto una donazione a un’organizzazione non profit. Interessante notare il “ringiovanimento” della popolazione dei donatori, con la fascia 35-54 anni che diventa la prima per numero di donatori e quella 15-34 anni che sale dall’11% al 24 %, complice sicuramente l’adozione crescente di strumenti digitali per la raccolta da parte delle organizzazioni. In ambito digitale, infatti, le cose sono profondamente diverse, come ci ricorda l’ultimo report di “DONARE3.0” (Promosso da PayPal e rete del dono e realizzato da Doxa).
Dai dati diffusi, si evidenzia come le donne e le generazioni più giovani siano i donatori più assidui: l’84% degli stessi dichiara di aver fatto almeno una donazione nel 2021. Interessante il trend positivo di “Millennials” e “Gen Z” che, nel 2021, confermano il balzo in avanti del 2020 che li aveva visti crescere dal 79% all’84%. Non solo, cresce anche la percentuale di Millennials (61%) che dona a più associazioni, mentre i più adulti prediligono donare a una sola associazione. Il futuro per le donazioni appare positivo, il 25% dei Millennials ha affermato di voler donare di più in futuro, seguiti dalla Generazione X al 18%. La salute prima di tutto.
Per gli internauti, ‘Salute e ricerca scientifica’ (54%) conferma il primato come l’area più scelta dai donatori, mentre cresce l’area ‘emergenza e protezione civile’ (35%), seguita da ‘tutela dell’ambiente e degli animali’ (28%) e ‘assistenza sociale’ (24%). Cresce inoltre la sensibilità verso la ‘tutela dei diritti e della pace’ (15%).
2. Dono e Donazione: un legame istituente.
La rilevanza e il valore del “mercato” del funding pone una questione su cui occorre riflettere ossia il rischio di assimilare il dono alla donazione. È un rischio molto rilevante e “costoso” nelle organizzazioni che operano all’interno di un orizzonte d’interesse generale. Il dono è una “relazione”, mentre la donazione è “l’oggetto” di questa relazione. Quando la donazione non ha un fondamento relazionale (senso) si assimila ad uno scambio di equivalenti e perciò si svuota della sua diversità. Fare questa precisazione è molto importante poiché la sostenibilità di molte organizzazioni non profit è legata alle donazioni e al fundraising “donation based”. In queste organizzazioni la tentazione può essere quella di sostituire “la tecnica” con la “maieutica” con la conseguenza non solo di impoverire l’identità delle ONP ma anche di indebolire la sostenibilità. La consapevolezza della distinzione tra dono e donazione è centrale, tanto più in un’epoca in cui le piattaforme tecnologiche che si ispirano a paradigmi “peer to peer”, sono in grado di costruire con una precisione incredibile, interazioni strumentali orientate a ottenere donazioni, senza curarsi del dono, ossia della relazione. La donazione diventa risorsa (dal latino “resurgère” ri-sorgere; «finalizzata» alla generatività) solo quando è legata al dono ossia alla relazione e al valore sociale che persegue.
3. La composizione delle entrate del Non Profit e il necessario “funding mix”
Se guardiamo la composizione delle entrate delle ONP vediamo che il flusso delle donazioni ha due grandi canali: il primo è quello delle quote associative degli aderenti (circa il 28%) e il secondo è formato da contributi privati come donazioni, offerte, lasciti (6,9%) e da contribuiti da istituzioni pubbliche (circa il 3,5%). Un quadro questo che mostra come le istituzioni non profit come aggregato, oltre ad essere istituzioni private, sono anche fortemente indipendenti, dal punto di vista della sostenibilità, dalla PA. Il Terzo settore italiano prospera infatti dentro un ambiente in cu si interpolano e si integrano, donazioni, scambi di beni e servizi d’interesse generale, proventi da gare e affidamenti pubblici, erogazioni di enti filantropici o pubblici e vendita di beni e servizi.
La donazione è la principale leva di sostenibilità per la quasi totalità delle Associazioni e per le grandi organizzazioni “fundraising oriented”, mentre per il resto del Terzo Settore rimane una risorsa rilevante all’interno di una strategia diversificata. In altri termini possiamo dire che le strategie di sostenibilità sono sempre più ibride e richiedono processi di aggregazione e articolazione di risorse diversificate (funding mix) in cui la donazione è solo una parte delle risorse necessarie per la sostenibilità della mission. È sempre più frequente vedere la donazione legarsi ad altre fonti come quelle della finanza e dell’equity generando così forme inedite di sostenibilità: soluzioni nate dalla presenza di una pluralità di attori diversi che contribuiscono ad uno scopo comune (es. fondazioni, banche, cittadini, imprese, investitori, Fondi Eu, ecc).
Diventa pertanto indispensabile, per le organizzazioni “donation oriented” conoscere e possedere le competenze necessarie per disegnare strategie capaci di “mixare” le risorse donative (reciprocità) con le risorse provenienti dallo Stato (redistribuzione) e quelle provenienti dalla domanda pagante (scambio). La crescita esponenziale del “crowdfunding” e degli strumenti di pagamento digitale sta dilatando e trasformando il mercato delle donazioni: è sempre più frequente, infatti, vedere banche che stimolano la donazione attraverso portali dedicati, oltre a sistemi di pagamento che incorporano uno spazio per le donazioni.
Se pensiamo alle sfide connesse alla sostenibilità del Terzo Settore occorre assumere la complessità come un dato stabile e naturale, un campo aperto su cui agire con l’aspettativa di vedere aumentate le opportunità possibili. Perché ciò accada è necessario un profondo investimento del Non Profit sulle competenze e sui modelli organizzativi (capacity building). Non basta più un esperto in fundraising o un’area fundraising (forse non è mai bastata) per garantire la sostenibilità delle organizzazioni “donation oriented”, è necessario ridisegnare e potenziare le aree relative al fundraising, alla comunicazione sociale, alla rendicontazione e all’impatto sociale con l’intento di renderle più solide e consapevoli della necessità di sfruttare tutte le risorse (esplicite e latenti) e tutti gli strumenti disponibili (digitali o meno).
4. Domande
Per queste ragioni, i lavori della sessione “dono” dei Cantieri ViceVersa proveranno a rispondere a due quesiti fondamentali:
1. Quali sono le migliori strategie di funding mix a base donativa?
2. Come cambia l’organizzazione (ruoli, funzioni, competenze, strumenti) per le sfide della sostenibilità?
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